Tunisia: l'avventura su due ruote! (2^ parte)

Le fatiche del deserto e la gioia del ritorno

Scitto da: Massimo Longaretti

L'indomani dopo una breve visita turistica all'oasi partiamo sempre senza bagagli verso Gafsa, direzione Sened e Sakket, paesi berberi situati sulla catena del J.Biada a ovest di Gafsa. Facciamo rifornimento prima di lasciare la P14, direzione Sfax, al paese di Sened Gare si pranza immersi nella curiosità del villaggio, la pista parte da qui e s'inerpica sulle montagne. Tiziano e Marco iniziano a dare evidenti segni di stanchezza sui tratti di pista, chiaramente le moto non aiutano, il paesaggio è molto bello, la pista ci porta nel nulla, sale e scende tra le montagne. Qua e la villaggi. Quando li attraversiamo non possiamo non notare quanto le case siano povere ,fatte di fango, estremamente essenziali, senza elettricità, lontane da tutto; ammirazione per queste persone che vivono e resistono in condizioni così severe, sarebbe più facile finire in qualche "buco" dell'occidente "evoluto".
Ritroviamo il goudron, direzione Gafsa, dopo circa 25km si svolta a sinistra sulla C 103 direzione Kebili, la strada corre tra lo Jebel el Leham e lo Jebel Hachichina, jebel dal cono mozzo contornano l'orizzonte. La strada poi taglia il Chott El Fejaj per poi arrivare a Kebili e da qui ritorniamo a Tozeur sulla p16 che attraversa il Chott El Jerid, è l'ora del tramonto, l'ora migliore per ammirare il lago salato e le incredibili pozze d'acqua dai mille colori. È d'obbligo lasciando l'asfalto fare un giro su questa terra di crepe e luccichii, ricoperta da uno strato di sale, troverete la carcassa di un pullman, chissà quando finitoci, curiosamente decorato con palme e cartelli stradali che indicano direzioni e distanze di alcune capitali. Mentre Marco e Tiziano rientrano frettolosamente, mi fermo per godermi questo impareggiabile tramonto, il suo silenzio e la mia felicità. Raggiungo l'albergo che ormai è buio, Tiziano e Marco sono già docciati, chiacchierano nel bel cortile dell'albergo con cartina alla mano e the caldo. Domani Douz.
Lasciamo Tozeur nel primo pomeriggio, raggiungiamo Kebili non dopo aver ammirato il lago salato con la luce del giorno e poi Douz, ricerca veloce dell'hotel, scarico moto e poi Zaafrane, Es Sabria, El Faouer.
Il caldo si fa sentire nonostante il tardo pomeriggio, aria di deserto. I cammelli in prossimità degli alberghi sono numerosi quanto i turisti, smaniosi di salirvi e provare l'ebbrezza di cavalcare qualche duna. Zaafrane è forse la capitale del turismo da cammello; guardiamo passando, cerchiamo qualcosa di meno turistico. Dune all'orizzonte, Marco e Tiziano si fermano, io proseguo lontano da occhi indiscreti alla ricerca di spazio per far correre la mia Gilera. Finalmente la sabbia e la possibilità di mettere alla prova le mie capacità di guida. Un inizio disastroso per poi affinarmi in lunghissime derapate e scollinamenti quasi da motocross. Rientrando all'orizzonte un qualcosa di arancione quasi fosforescente tanto da sembrare un oggetto, forse un deltaplano su una duna in procinto di librarsi in volo. Mi fermo incuriosito, aspetto e quella cosa terribilmente arancione cresce sempre più, è la luna! Incredibile, mai vista così.
La sveglia suona sempre più tardi la mattina. Dopo una veloce riparazione (rottura del supporto serbatoio del monoammortizzatore del mio Gilera, fil di ferro e nastro telato risolvono sempre la situazione), carichiamo le moto e pranziamo: harissa, carne d'agnello, salade mechauia, patate fritte. Il sole è a picco e il caldo è soffocante, l'ora peggiore per mettersi in viaggio soprattutto per raggiungere il deserto e l'oasi di Ksar Ghilane. Prendiamo la c105 direzione Matmata, dopo cinquanta km circa si svolta a destra e dopo trenta km si è sulla pista per Ksar Ghilane, quella che costeggia l'oleodotto. Arriviamo al caffè Bir Soltan, entriamo per farci una bottiglia, d'acqua naturalmente, e per chiedere informazioni sulla pista.
Dopo nove km la pista diventa sabbiosa come ci avevano detto i ragazzi di Bir Soltane. È tardi, il sole corre nell'altro emisfero, l'andatura è molto lenta e io agevolato faccio da lepre. Quando decidiamo di fare il punto; in un'ora abbiamo fatto quasi cinque km e ne mancano all'oasi ancora una ventina, il sole sta quasi tramontando, Marco e Tiziano sono sfiniti.
Ho il compito di andare avanti per qualche km e riportare se vi sono miglioramenti. Constato a malincuore che Ksar Ghilane oggi è irraggiungibile. Torno.
Riferisco: "è meglio tornare, c'è troppa sabbia per le vostre moto e mancano ancora troppi km". Mi siedo e aspetto che decidano. Odo teorie, calcoli chilometrici, tempo, sole, luce: "ma è forse meglio…., però se….., possiamo…e poi domani". Sembrano quasi convinti a tornare indietro; quando all'orizzonte scorgo l'arrivo di un veicolo proprio dall'oasi. È l'occasione per avere le condizioni reali della pista. Non sembra essere una jeep e mano a mano che si avvicina la riconosciamo come una normale autovettura, arriva a tutta velocità e sbanda brillantemente. Quando si ferma siamo un po' stupiti di vedere qui una normale auto a due ruote motrici, e ancora di più siamo sorpresi dalle quattro ragazze che l'occupano. Tiziano e Marco trascendono, chiedono informazioni, non sulla pista; le ragazze sono di Parigi e vanno a Matmata. Quando chiedono come mai siamo fermi, Marco e Tiziano allora accennano, indicano le moto da strada e la sabbia. Le ragazze più divertite che sorprese, decise e risolute dicono che ormai siamo arrivati e che non possiamo rinunciare, che rimangono solo pochi km e l'oasi è bellissima. Salutano e ripartono,Tiziano e Marco sono eccitati, quasi salutano con la mano e il fazzoletto le fanciulle che se ne vanno. Sono decisi a ripartire, il sole è appena tramontato e mi sovviene un detto che è meglio non scriva.
Ripartiamo, faccio due km, li aspetto appena dopo una discesa, quando arrivano è buio e sono incazzati neri, ormai siamo in un punto di non ritorno, tornare vuol dire almeno tre ore di moto al buio e sulla sabbia. Aspetto, sono decisamente agitati. Provo a sminuire i tratti drammatici del loro conversare e propongo di tornare per una decina di minuti dove ricordo aver visto una casa o qualcosa di simile e passare la notte in una sistemazione di fortuna visto che non abbiamo ne tenda nè saccoapelo.
Siamo fortunati, la casa è chiusa, però c'è Beshir che "soggiorna" in un carro tipo quelli che si vedono nei cantieri, e il suo cane. Parla solo arabo, ha una lunga barba nera e sguardo simpatico, capisce la situazione e ci offre un carro in disuso, spoglio senza la cabina, ci porta i materassi e ci fa capire che prima di coricarsi si sdraia sul carro e guarda le stelle, la sua televisione. Rimane nel deserto due mesi, è manutentore dell'oleodotto e tiene pulita anche la pista, poi arriva il cambio e torna a casa da sua moglie e i suoi figli. Dormiamo sul carro vestiti, borse e giacche a mo di barriera contro il vento che ora è caldo ma che più tardi sarà freddo; le stelle brillano, il silenzio è assoluto. Sgranocchiamo qualche caramella per cena e ci addormentiamo, più volte ci sveglieremo per il freddo, fino a quando Marco estrae un telo metallico che risolve brillantemente il problema freddo. Il sole è già caldo quando ci svegliamo, Beshir lo è già da molto, ci offre la colazione, un bicchiere di latte e un uovo sodo. Carichiamo le moto, ringraziamo calorosamente, lasciamo un pensiero e partiamo, direzione Matmata, Ksar Ghilane sarà meta di un prossimo viaggio, andarci vorrebbe dire perdere due giorni e non possiamo permettercelo. A malincuore riprendiamo la pista e nel primo pomeriggio siamo a Matmata accaldati e affamati.
Velocemente troviamo l'hotel, sensibili al fascino della trilogia di guerre stellari pernotteremo dove vennero girate alcune scene di un film, all'hotel Sidri Driss. Uno spuntino e siamo alla ricerca della benzina. La mia finisce e mi rilasso ai piedi di un alberello, per una mezzoretta prima che i miei soci se ne accorgano. Curiose le abitazioni sotterranee che i berberi costruirono per sfuggire al caldo, è possibile vederne anche a Techine e Toujane dove merita anche la strada per arrivarci. La vicinanza con Jerba si fa sentire, molti i pullman e le jeep.
La notte tra reminiscenze fantastiche di ricordi stellari riassaporiamo profondamente il sonno mancato sul carro nel deserto. La mattina dopo un'abbondante colazione e un ultimo giro partiamo alla volta di Tataouine e gli ksour. Da Matmata usciamo in direzione Toujane sulla 104, per poi svoltare a destra per Téchine, si prosegue fino a Bir Zoui, poi El Hallouf, Beni Kheddache e il suo ksour in gran parte demolito, poi il bellissimo ksour di Jamaa. Si scende poi sulla c207 fino allo ksour Hadada e poi Ghmrassen. A Tataouine per la notte.
L'indomani a Guermessa, Chenini e le tombe dei sette dormienti dove la leggenda narra che sette cristiani e un cane nascostisi in una grotta per sfuggire alle persecuzioni dei Romani, si addormentarono e si svegliarono quattro secoli più tardi scoprendo di non aver mai smesso di crescere, raggiungendo una statura di quattro metri, e dopodichè morirono,da qui si spiega la lunghezza dei tumuli funerari, ben cinque metri(!), visibili nel cimitero adiacente la moschea. Lo ksar Ouled Debbab e forse il più bello di questi magazzini costriuti per la conservazione delle derrate lo ksar Ouled Soltane con quattro piani di ghorfa (stanze) raggiungibili con precarie scale esterne. E infine Douirat, meglio all'ora del tramonto, da qui parte la pista che si collega a quella dell'oleodotto che porta a Ksar Ghilane. Lasciamo Tataouine gli ksour e la bellezza di questi luoghi e risaliamo velocemente per Medenine, l'intenzione di un bagno e la curiosità ci portano all'isola di Jerba, quanto di peggio potessimo fare. L'indomani dopo un veloce bagno scappiamo alla volta di El Jem. L'anfiteatro romano merita per la sua imponenza e stato di conservazione una visita. L'indomani siamo a Kairouan, la città santa della Tunisia è considerata la quarta città più santa dell'islam; molto bella la medina vecchia e la Grande Moschea.
Ormai rimangono pochi giorni per il rientro, ci fermeremo un giorno ad Hammamet per un ultimo bagno e poi Tunisi, la medina vecchia, il museo del Bardo e la sua superba collezione di mosaici romani, qualche acquisto e un giro a Sidi bou said. Ritiriamo il nostro sacco al negozio di scarpe lasciato al nostro arrivo, con dentro le tute da pioggia e gli indumenti pesanti per fronteggiare il probabile freddo della pianura. A malincuore varchiamo i cancelli del porto, ancoral'Habib e poi Marsiglia.
Sulla nave per incanto qualcuno ci riconosce, è il vecchio che a bordo della sua r14 abbiamo fermato a sud della Table de Jugurta per farci indicare l'esatta direzione per le rovine di Haidra. Comparì allora come per magia nel bel mezzo del nulla per salvarci da una probabile impasse cartografica, ora ci accompagna sulla via di casa.

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