Il Pasubio: struggenti testimonianze di guerra

Non solo una gita ma tanti spunti per riflettere

Dopo avere già trattato delle vicende belliche nell'area dolomitica in altri tre capitoli di questa sezione ("Itinerari sul fronte dolomitico", "La Strada degli Alpini" e "La Regina è… la meno dolomitica" dedicato alla Marmolada), mi sembra d'obbligo un omaggio al Pasubio, da qualcuno eloquentemente chiamato "scabro e insanguinato" per le battaglie che vi avvennero, tra le più lunghe e cruente nella storia della Grande Guerra; per non parlare dell'irrilevanza del tornaconto strategico a fronte delle migliaia di morti.
Ci troviamo nelle cosiddette "Piccole Dolomiti", definizione che sembrerebbe riduttiva e dovuta alla modestia delle quote e alla minore varietà di forme rispetto a quelle intese come "Grandi", ma costituite da un susseguirsi di altopiani delimitati da profonde forre, aridi, impervi e selvaggi come pochi altri che ancora oggi danno l'idea della durezza delle condizioni in cui le truppe vivevano e si battevano.
L'importanza bellica della zona fu conseguenza del fatto che il suo spartiacque coincideva quasi totalmente con lo storico confine tra Italia e Impero Austro-Ungarico, diventando quindi, fin dall'inizio del conflitto, un fronte di primario valore strategico.
L'operazione di maggiore portata, negli intenti dei comandi imperiali forse ritenuta decisiva ai fini dell'esito della guerra, fu l'offensiva battezzata "Strafexpedition" (spedizione punitiva) e scatenata nella primavera del 1916. Nell'occasione, gli Austriaci conquistarono con relativa facilità l'elevazione nord della Cima Palòn che da allora prese il nome di Dente Austriaco (m.2206) ma non riuscirono più ad avanzare oltre: tra questo e il Dente Italiano (m.2226), poche centinaia di metri in linea d'aria, si estendeva infatti la "schiena d'asino", un'insellatura del terreno la cui conformazione consentiva agli Italiani di osservare le mosse del nemico e non viceversa. In pratica, quel piccolo vantaggio dovuto ad appena 20 metri di quota divenne fattore decisivo sul quale si giocarono le sorti di combattimenti durati due anni, conclusi solo con il brillamento di 50 tonnellate di esplosivo che fecero saltare il Dente Italiano: un'esplosione spaventosa, al termine di un'estenuante "guerra di mine", che trasformò il paesaggio al punto da dover modificare le carte topografiche.
Ma, al contempo, un'altra opera, dovuta alla lungimiranza del Generale Cadorna, contribuì a frenare l'offensiva imperiale. Punto debole della logistica italiana allo scoppio della Grande Guerra era l'esistenza di un solo accesso dal fondovalle per gli automezzi degli armamenti e delle provviste: la strada carrozzabile degli Scarubbi, costantemente sotto l'osservazione e il tiro delle artiglierie austro-ungariche. Cadorna ideò allora un percorso sul versante meridionale, ancora oggi considerato un capolavoro dell'ingegneria militare e tuttora ben mantenuto, tra la Bocchetta Campiglia (m.1219) e le Porte del Pasubio (m.1934): grazie al grande spiegamento di forze, l'opera fu terminata in appena nove mesi, dal febbraio al novembre 1917. Oltre a ciò, furono realizzati una quantità di lavori di scavo nella roccia ricavando camminamenti, trincee, tunnel, osservatori, piazzole per artiglierie, una vera e propria città in parte sotterranea.
Esaurite, per fortuna, le esigenze belliche, tutto ciò forma uno degli itinerari escursionistici più istruttivi per chi voglia avere una testimonianza diretta della Grande Guerra.

Oggi, dai 2232 metri della Cima Palòn, si domina un paesaggio desolato nel quale cresce a fatica tra le pietraie una misera vegetazione. Tutt’ora si trovano tra i sassi bossoli, schegge di granata, spezzoni di filo spinato, brandelli di indumenti, resti rugginosi di scatole di latta delle razioni, frammenti di ossa, reperti che i visitatori raccolgono pietosamente per posarli ai piedi dei 30 cippi commemorativi lungo l’itinerario storico, eretti a ricordo dei reparti che operarono nella zona.
Dalla vetta, sulla quale è posto un quadro d'orientamento, sono ben evidenti e a distanza di voce il Dente Austriaco e quello Italiano: è il punto culminante, non solo geografico ma anche emozionale, di un'escursione che consiglio vivamente a tutti.
L'avvicinamento automobilistico avviene lungo la S.S. 46 del Pasubio tra Schio e Rovereto nella provincia di Vicenza; tre chilometri a sud di Pian delle Fugazze (m.1162) si dirama la strada per Colle Xomo (m.1058). Dal passo, si prende a sinistra per Bocchetta Campiglia (m.1216), che si raggiunge in due chilometri e dove si lascia la macchina.
Il percorso, contraddistinto dal segnavia 366, ha la sua parte più spettacolare nel tratto, su una pendenza tra il 12 e il 22%, che porta ai 1928 metri delle Porte del Pasubio; la strada, spesso scavata nella roccia su una larghezza media di poco più di due metri, si sviluppa per 6555 metri di cui 2280 coperti da 52 gallerie.
Da Bocchetta Campiglia il sentiero sale con ripidi tornanti guadagnando velocemente quota fino alla trentesima galleria, spesso sul ciglio di spettacolari forre. Costeggiata la grandiosa Val Camossara, la strada spiana parecchio, fino a sfiorare quota 2000 metri e scendere poi all'ospitalissimo Rifugio Achille Papa (1928 metri).
Tra le curiosità lungo il percorso, si nota ad esempio la galleria n. 20 scavata a forma di spirale all'interno di una guglia per sbucarne quasi al culmine; la più lunga è la numero 19 che misura 370 metri. In quasi tutte le gallerie furono ricavate aperture per far passare la luce, ma alcuni tratti del tutto bui rendono indispensabile una torcia elettrica.
In direzione nord dal rifugio è raccomandata la visita della cosiddetta Zona Sacra, quella dove si svolsero gli scontri più violenti, come risulta evidente dai reperti che tuttora vi si trovano: in poco più di un'ora si raggiunge la già citata Cima Palòn, punto più elevato del gruppo del Pasubio, con un estesissimo panorama a 360° sulle Piccole Dolomiti e sulle Dolomiti propriamente dette. Ma anche punto in cui soffermarsi un po' in raccoglimento.
Per chiudere l'anello escursionistico, non solo geograficamente ma soprattutto per completare l'esperienza "storica", consiglio di imboccare dal Rifugio Papa la strada degli Scarubbi (segnavia 370) che si svolge sul fianco della Cima dell'Osservatorio e del Cimon dei Sogli Rossi per poi calare a tornanti nel Vallone delle Caneve di Campiglia; scendendo ancora si giunge al punto di partenza della Bocchetta Campiglia.

Un altro itinerario che conduce alla Porte del Pasubio è quello che parte da Pian delle Fugazze e risale per otto chilometri la Strada degli Eroi, percorrendo infine la Galleria d'Havet per raggiungere infine il Rifugio Achille Papa. Una decina d'anni fa la strada, che - benché sterrata - consentiva di arrivare in macchina nei pressi della galleria, è stata opportunamente chiusa al traffico privato restituendo all'area la pace che le è consona.
Ad integrazione dell'escursione a piedi, vale la pena visitare, non lontano dal Rifugio Papa, la chiesetta votiva ed un arco monumentale nel luogo ove sorgeva il cimitero della Brigata Liguria. Infine, sul Colle Bellavista, poco a sud di Pian delle Fugazze, sorge il grandioso Sacrario militare del Pasubio, edificato nel 1926; di grande interesse è pure il Museo Storico, che espone fotografie, cimeli, reperti e documenti della Grande Guerra.
E' una doverosa conclusione della gita, magari ponderando le parole di Robert Skorpil, che visse di persona quei combattimenti narrandoli poi nel libro "Pasubio":
"…Pasubio, arena del martirio che apre lo sguardo su orizzonti sconfinati, sul baratro della morte, sul mistero del cielo, sulla potenza e sull'impotenza degli uomini…"
e ancora:
"…il Pasubio non è un luogo adatto al patriottismo retorico, all'orgoglio nazionalistico. Al monte non interessano i confini degli uomini, i confini politici non dovrebbero mettere in pericolo la pace e la libertà, non dovrebbero violare i confini delle anime e delle cose…"
"Ma ben pochi capirono le sue parole profetiche, e solo quelli che non avevano alcuna possibilità di cambiare le cose" (da "La guerra in montagna 1915-1918" - Volume 2 di Heinz von Lichem, Edizioni Athesia, Bolzano).

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