Acacus trekking: deserto e preistoria – 2^ parte

Dividendo le giornate con i fedeli Tuareg, la “civiltà” sembra di un altro mondo!

Per il diario di viaggio delle giornate precedenti quelle descritte, si rinvia alla Prima Parte di questo resoconto, già presente sul sito con lo stesso titolo.DIARIO DI VIAGGIO

Sabato 30 Dicembre
Ci prepariamo ad una nuova giornata di cammino, salutando questo meraviglioso posto. Scendiamo in una ampia valle di sabbia, incontrando diverse pitture, fra cui una splendida scena pastorale lunga circa 2 metri, dove si osservano uomini intenti a cacciare, a bere in una capanna, a condurre le mucche al pascolo, a mimare scene di guerra indossando caratteristici copricapi con le corna! Ma Argh Mohammed non ci lascia mai troppo tempo: anche la tappa di oggi è lunga. Dalla sabbia si passa ad un suolo più compatto, dove ad un certo punto incrociamo una piccola e strana carovana: tre cammelli, un uomo sul dorso di uno di essi ed un tuareg davanti che fa strada. Sapremo più tardi che si trattava di un turista che ha scelto di vivere da solo il deserto, con la sua guida; bello, ma quanto gli sarà costato?
Poco dopo avvistiamo un gruppo di cammelli sparsi in una valletta verso la quale siamo diretti. La nostra guida ci fa fermare, per dirigersi decisa verso un tuareg sdraiato ad osservare i suoi cammelli. Si conoscono e noi restiamo a guardarli parlare a grandi gesti, scoppiare a ridere e salutarsi subito dopo. Tornato verso il gruppo, il nostro tuareg si riavvia nuovamente in silenzio verso un restringimento della valletta.
Insieme a noi, oggi cammina tutto il giorno anche Hamadane, il capo spedizione, che merita due parole! Devo dire, infatti, che dopo la serata di ieri, i tuareg sono molto cambiati con noi: oggi sembra che ci conoscano da sempre, ci sorridono e ci fanno piccoli scherzi. Proprio Hamadane è il più estroverso dei cinque, ed alla fine della giornata avrà dato ad ognuno di noi un buffo soprannome, nato dalla sua osservazione del gruppo in questi giorni! Si diverte anche a tirarci la maglia da dietro mentre camminiamo, cosa che ci fa scoppiare a ridere ogni volta!
In una occasione, mentre Taddy se ne stava in muta contemplazione del panorama, seduto sul crinale di una duna, l'ho visto strisciare sul fianco della stessa duna, alle spalle dell'ignaro poveretto... e quando è giunto a pochi centimetri dal suo sedere, ha infilato un dito sotto la sabbia e poi l'ha punzecchiato da sotto in sù. Taddy, pensando ad uno scorpione, ha fatto un salto incredibile, rotolando poi giù dalla duna, nel clamore generale di una gran risata! Insomma, ci divertiamo un sacco in loro compagnia; si sono trasformati in simpatici giullari del deserto!
Oggi è la giornata degli incontri, infatti vediamo passare un gruppo sull'altro lato di una valle: forse sono quelli di Avventure Nel Mondo, che fanno più o meno il nostro stesso giro ma in senso contrario.
Quando ci fermiamo per il pranzo, sotto il sole cocente, mangiamo in fretta e poi cerchiamo riparo all'ombra delle jeep. I tuareg ci imitano quasi subito ed è bella questa sorta di intimità che nasce dal desiderio comune di proteggerci dalla forza della natura. Ne approfittiamo per imparare alcuni giochi che loro fanno sulla sabbia, come una specie di dama... bastoncini di legno contro cacchette secche di cammello!
Ripartiti, attraversiamo una valle scura in leggera salita, osservando le rocce a destra e a sinistra che si animano di spettacolari archi e buchi; la salita termina su di un panoramico crinale, oltre il quale scorgiamo un’altra vallata, grandiosa e selvaggissima. Il silenzio di questi posti ci rimarrà dentro a lungo, specialmente dei momenti di contemplazione di panorami come quello che abbiamo sotto gli occhi ora, mentre i tuareg si allontanano un po' per inginocchiarsi verso la Mecca e pregare.
Scendiamo dunque e continuiamo a camminare fino a sera, entrando nella zona detta di "Ouiss", caratterizzata da molta sabbia e spettacolari spuntoni di roccia. Attraversiamo una piana con moltissime impronte di pneumatici che il vento non riesce a cancellare, passando accanto ad un campo tendato dove si fermano i partecipanti ai tour in jeep. Noi ovviamente tiriamo dritto, andando a cercare nuovamente il silenzio e la solitudine, scalando dune su dune, riempiendoci gli occhi dei tanti spettacolari giochi del vento con la sabbia: onduline, creste, anse, profili a semiluna, teneri sbuffi dalle creste in un susseguirsi infinito di movimenti che modellano giorno dopo giorno il panorama. E' infatti proprio la conoscenza dei venti che permette ai tuareg di non perdersi e di capire sempre dove si trovano; non potrebbero infatti basarsi solo sulla semplice memoria dei posti visitati, dei profili delle montagne o delle dune, troppo labili nel tempo! Ma ricordando invece che in quella determinata zona, per esempio, i venti predominanti spirano da sud a nord, osservando il profilo di una roccia capiscono quale è la direzione giusta da seguire.
Ovviamente ho molto semplificato con le mie parole un misterioso processo mentale che accomuna la gente del deserto e che forse è meglio non cercare di capire affinché mantenga il suo fascino!
La sera è alle porte quando risaliamo l'ultima duna quasi verticale, incastonata fra begli spuntoni rossi, fra i quali, giunti sulla sommitò, scorgiamo le jeep ed i tuareg. Il campo di questa notte si trova in bilico sulle dune, in una piccola area pianeggiante da cui si domina l'intera valle sottostante. Bellissimo!
Mentre prepariamo le tende, qualcuno fa alzare gli sguardi di tutti, indicando laggiù nella valle una minuscola vettura che procede abbastanza veloce su una pista dritta e piatta: il suo rumore non arriva fin qui per via del vento e la sua visione pare più simile ad un'allucinazione che alla realtà... eppure ci ricorda che laggiù, da qualche parte, c'è ancora la civiltà, alla quale nessuno di noi ha fretta di tornare. Siamo troppo felici qui, in mezzo a questo "niente" che ci riempie di qualcosa di incredibile, in compagnia dei nostri tuareg tutti indaffarati a preparare la cena!

Domenica 31 Dicembre
Questa mattina ci svegliamo con calma, senza il cucchiaino di Hassan che martella sul pentolino per tirarci fuori dalle calde tende. Impariamo infatti che oggi ci fermeremo qui, ovvero non cammineremo, poiché la prossima sera si festeggia il nostro capodanno ed è meglio questo luogo per l'occasione piuttosto che scendere a valle.
Ad ogni modo, non staremo fermi nel campo, ma andremo a zonzo per conto nostro, nascondendoci come in un gioco dietro ad incantevoli denti di roccia che paiono immobili vedette ferme lì ad osservare severe il nostro vagare.
Il giorno trascorre sereno, fra una passeggiata, una medicazione delle inevitabili vesciche, qualche chiacchiera, il pranzo.
Quando poi giunge l'ora della cena, siamo tutti curiosi di conoscere il menù particolare che ci hanno riservato i nostri fedelissimi. Restiamo a bocca aperta nello scoprire che ci faranno assaggiare il loro pesce al cartoccio, rigorosamente cotto sotto la cenere! La serata prosegue poi con giochi e danze alle note dolci ma un po' gracchianti della musica tuareg incisa su un vecchissimo nastro! Incredibile: riusciamo a stare svegli fino a mezzanotte!

Lunedì 1 Gennaio 2001
Quando mettiamo il naso fuori dalla tenda, uno spettacolo nuovo ed inaspettato ci accoglie: la nebbia! I bei colori di ieri sono tutti velati ed uniformi, ma non importa: abbiamo una cosa più urgente cui pensare. Una delle jeep, durante la piccola bufera scoppiata durante la notte, è rimasta insabbiata, e serve una bella spinta per tirarla fuori!
Oggi si riprende il cammino e siamo tutti molto riposati. Le tappe dei prossimi giorni saranno più brevi, almeno fino all'ultima, quella cioè che ci porterà fuori dall'Akakus. Scendiamo a valle e camminiamo a lungo senza che la nebbia ne voglia sapere di alzarsi; i ricordi di questa giornata sono infatti un po' velati. La zona che attraversiamo ora è piatta e dal terreno compatto dove si procede velocemente; belle sculture di roccia rallegrano il paesaggio e noi ci divertiamo a scorgere nelle forme naturali alcuni personaggi. Ricordiamo per esempio il pellerossa di profilo con tanto di naso aquilino e copricapo piumato, Burt Simpson seduto con le spalle ad un altro personaggio simile a lui, un barbapapà con la bocca aperta... oltre ad innumerevoli fori, archetti e pietre in precario equilibrio le une sulle altre.
Arriviamo al campo di mezzogiorno, che sarà anche quello della notte, poco dopo l'una; una soffice e piccola duna su cui montare le tende è semplice e veloce. Nel pomeriggio siamo lasciati liberi di scorazzare nei dintorni, sotto l'occhio curioso di Hamadane che è salito su una roccia altissima e la cui figura esile e alta si staglia sul cielo chiaro come un'immobile sentinella!
Alla sera viene allestito un piccolo mercatino sul cofano ricoperto da un tappeto di una delle jeep: si vendono bei braccialetti d'argento lavorato, collanine, orecchini... e fantastiche punte di frecce in selce appartenute agli uomini primitivi delle pitture rupestri!

Martedì 2 Gennaio
Anche oggi la nebbia non lascia tregua, ma è molto meno fitta di ieri e semplicemente schiarisce un poco i colori. Torniamo sul terreno compatto di ieri, finché non penetriamo in un sottile canalone di roccia, alla fine del quale ci affacciamo dall'alto sulla zona detta "Haddad", ovvero "il dito". Si tratta di una valle ampia e piatta, che costituisce la migliore porta di ingresso all'Akakus ai mezzi motorizzati, con al centro uno spettacolare dito di roccia rivolto al cielo, ora finalmente blu.
Non immaginavo, anche se in cuor mio lo speravo, di passare proprio di qui, poiché per me questa zona è particolare; esattamente un anno fa, infatti, mio papà ha trovato la macchina fotografica che sto usando ora proprio ai piedi del dito di roccia! Una bella coincidenza dunque, una sorta di cerchio che si chiude!
Mentre sto raccontando ai ragazzi le avventure della mia macchina fotografica, accade poi una cosa incredibile. Premetto che quando io ed Antonio stavamo pensando al progetto di attraversare l'Akakus a piedi, il mio papà stava progettando di attraversarlo in moto insieme ad un gruppo misto di jeep e moto, esattamente come un anno fa. Era ovvio che incontrarsi nel bel mezzo del deserto fosse un'idea pazzesca, perciò ognuno è partito tranquillo per la propria strada.
Ma a quanto pare questa zona del deserto è carica di un'energia straordinaria, in grado di avvicinare fra loro momenti, oggetti... e addirittura persone. Ebbene, mentre sto parlando coi ragazzi del gruppo (ce ne stiamo seduti a circa 300 metri dal fatidico dito, sorseggiando un dissetante the nero) mi accorgo di uno strano movimento sotto al dito stesso: un gruppo numeroso di jeep è appena giunto da chissà dove e diverse persone si aggirano nei dintorni per sgranchirsi le gambe. Io sento un forte richiamo e senza accorgermene mi metto a correre nella loro direzione, lasciando tutti i compagni a bocca aperta, subito seguita da Antonio scalzo e da Hamadane con sottanone e ciabatte infradito. Ho paura che ripartano prima che io possa raggiungerli, lasciandomi con il dubbio se lì ci sia oppure no mio padre, così aumento il passo fino a che i primi che mi vedono mi domandano: "Sei per caso la figlia di Monaco?". Meno male che mio padre ha parlato di me ai suoi compagni come ho fatto io coi miei... gridando un felice "...sì!" continuo a correre cercando una moto arancione. Improvvisamento la vedo, e vedo anche papà, girato di schiena... e quando si volta mi dice: "E tu cosa ci fai qui?!"
Ed ha inizio una grande festa, con tutti che si chiudono intorno a noi gridando "papà, papà'" e scattando foto ricordo! Abbiamo rappresentato l'evento della giornata: padre e figlia che si incontrano in mezzo al deserto!
Che bel momento, che bella emozione: che bel regalo mi ha fatto oggi l'Akakus! Nel frattempo, dopo Antonio arriva anche Hamadane, che presento orgogliosa a papà. Il suo gruppo, infatti, è guidato da un ragazzo di Bologna e non ha la fortuna di viaggiare come noi con la gente del deserto; quando perciò lo invito a prendere un the intorno al fuoco acconsente felice e si avvicina al bivacco in sella alla sua moto, mentre noi due saliamo sulla jeep di uno dei tuareg che è venuto a recuperarci. Ma quando mettiamo piede a terra, ci rendiamo conto che tutto il gruppo si sta spostando alla volta del piccolo e silenzioso bivacco... che in men che non si dica si trasforma in un frenetico e chiassoso scambio di mani, di battute, di bicchierini di the, di fotografie scattate ai nostri timidi e frastornati tuareg! Il tutto ha fine quando la loro guida chiama tutti a gran voce incitando ognuno a risalire in sella o in jeep. Alzando ondate di sabbia e in un rumore assordante, infine, ripartono diventando quasi subito piccoli puntini scuri sulla distesa chiara: noi non vediamo l'ora di riprendere il cammino, per immergerci nuovamente nel silenzio e nella purezza del deserto.
L'incontro con papà rimarrà mitico per me ed avrà insegnato a tutti noi che l'aver scelto di visitare l'Akakus a piedi è stata senza dubbio la cosa migliore!
Riprendiamo perciò il nostro lento percorso, che ci porterà nel pomeriggio a scalare due immense dune, la seconda più alta della prima, tanto che, quando arriviamo sulla cima, ci pare di essere sul K2! Da quassù si domina un paesaggio dalla struggente bellezza e dopo qualche minuto di contemplazione ci lasciamo andare in discesa, scivolando allegramente sulla sabbia come fossimo sulla neve. Arrivati a valle, girandoci indietro ci dispiace un po' di aver rovinato la duna coi nostri balzi, ma riprendiamo tranquilli il cammino: il vento sistemerà in breve ogni cosa!
Arriviamo in serata al campo, con una spettacolare "sala da pranzo" incastonata fra le rocce. Mentre noi montiamo le tende i tuareg impastano una fantastica pagnotta che cuoceranno direttamente nella sabbia, sotto alle braci. Siamo increduli: come può la sabbia non restare attaccata al pane? Eppure non un solo granello entrerà nelle nostre bocche!

Mercoledì 3 Gennaio
Questa notte c'e' stato parecchio vento, ma quando ci alziamo per fortuna si è un po' calmato. La temperatura durante il giorno si alza molto ed è quindi meglio che ci sia un poco di vento, ma se dovesse essere troppo forte sarebbe un pericolo per gli occhi e per le macchine fotografiche; è importante portare con sè sempre un capiente sacchetto di plastica dove sistemare le apparecchiature elettroniche, estremamente fragili quando vengono a contatto con la sabbia ultra fine del deserto!
Anche oggi camminiamo poco, tornando lentamente ma inesorabilmente sul terreno roccioso dei primi giorni. Ci stiamo infatti riavvicinando al bordo dell'altopiano, dal quale scenderemo purtroppo domani.
L'ultimo campo dell'Akakus è un po' triste, se vogliamo; di fronte al fuoco sembriamo tutti un po' nervosi. Ci eravamo talmente abituati a questo mondo che l'idea di doverlo abbandonare ci sconforta. E' un po' come se passassimo l'ultimo giorno con la persona amata prima di un lungo periodo di forzata separazione: vorremmo che fosse tutto bello, ma non riusciamo ad essere che nervosi e distaccati. Ad ogni modo trascorriamo un bel po' di tempo sdraiati a terra con i piedi verso il fuoco e gli occhi verso il cielo stellato: qui non ci sono luci artificiali ad inquinare la purezza del firmamento, che quindi appare in tutta la sua bellezza.

Giovedì 4 Gennaio
Disfiamo il campo e ripartiamo in direzione ovest. Attraversiamo alcune vallette scure e sassose, in fila indiana dietro al nostro Argh Mohammed, che oggi indossa dei calzini sotto ai sandali: brutto segno!
A metà giornata giungiamo su una larga sella, dalla quale si gode di una vista incredibile sul mondo sottostante: siamo sul limitar dell'altopiano e nella valle là sotto si distingue bene la striscia di asfalto che unisce Sebha a Ghat. Parallela a questa corre, ormai inutilizzata da tempo, la vecchia pista sterrata. Oltre a queste due, poi, si estende un enorme mare di dune gialle e rosse: è l' Erg di Oubari, che giunge fino alle porte di Gadames, sul confine algerino. Mio padre l'ha attraversato col suo gruppo 2 giorni fa.
Sgranocchiando nocciole ed uva passa, assistiamo incuriositi ma distaccati al dialogo fra Hassan e la guida. Capiamo che non è questa la via migliore per scendere a valle, così ci spostiamo su una sella vicina, dopo essere rientrati momentaneamente in Akakus. A questo punto inizia la discesa, piuttosto avventurosa per via della ripidezza e delle rocce friabili su cui appoggiamo i piedi. Spesso ci immobilizziamo tutti nel sentire qualche sasso che rotola veloce verso valle, sperando di non trovarci sulla sua traiettoria! Quando infine giungiamo a valle, camminando sul letto di un vecchio fiume, fra grosse pietre gettate qua e là, ci giriamo spesso indietro e ci sembra incredibile di essere scesi proprio da quella parete praticamente verticale!
Superiamo l'asfalto, seguendo con lo sguardo una strana coppia aggirarsi in questo paesaggio desertico. Si tratta di una cammella col suo cammellino, e Hassan ci racconta come queste bestie, attaccatissime al loro padrone, non si allontanino mai da esso se non quando devono partorire. Allora si allontanano anche di molti km e restano lontani anche per diversi mesi col loro cucciolo, per poi tornare però sempre dal loro padrone! Che bella storia!
Ci fermiamo sotto l'esile ombra di una spinosa acacia ed intavoliamo un'accanita partita a dama con le cacchette di cammello che qui abbondano. Parliamo fra noi dei giorni andati, lo sguardo fisso su quella lunga parete scura che non dimenticheremo mai.
Le ore passano e ci domandiamo cosa stiamo aspettando: Hassan ci spiega che non abbiamo trovato all'appuntamento gli altri tuareg con le jeep, che dovrebbero portarci nuovamente a Ghat. Argh Mohammed sta allora cercando di dar fuoco ad un vecchio copertone abbandonato lungo l'asfalto, per attirare l'attenzione dei suoi compagni col fumo nero che dovrebbe alzarsi, ma non ha successo e noi aspettiamo ancora. La cosa buffa è che a noi del gruppo non interessa proprio nulla di dover stare fermi qui, inattivi: lo svacco totale continua anche fuori dall'Akakus! Anzi, ci facciamo delle gran risate guardando Hassan farsi sempre più nervoso ed irascibile! Continua a perdere le partite a dama una dopo l'altra e la cosa lo fa infuriare!
Beninteso, ci siamo trovati molto bene anche con lui e se ora ridiamo è in modo assolutamente bonario!
Dopo qualche tempo arrivano comunque i tuareg che ci accompagnano in un luogo bellissimo in mezzo alle dune di Oubari. Osserviamo la sabbia cambiare velocemente colore fino ad infuocarsi letteralmente, e ci prepariamo a trascorrere l'ultima notte in tenda. Questa sera con noi ci sono molti più tuareg, fra cui un gigante dal bellissimo viso nero che ci farà da autista nei prossimi giorni.

Venerdì 5 Gennaio
E' finito il tempo di camminare, ma non ancora quello di scoprire! Oggi, infatti, veniamo proiettati in mezzo alle alte dune dell'erg di Oubari, dove si nascondono alcuni splendidi laghetti di acqua dolce, chiamati di Mandara, in un contesto di oasi verdi che assomigliano tanto ad un miraggio. Ci fermiamo qualche tempo in riva ad uno di essi, osservando qualcuno che non resiste alla tentazione di un bagno in mezzo al deserto!
Belle palme frondose ed alte canne palustri fanno da cornice naturale allo specchio d'acqua scura dove nuotano numerosi pesci e dove, quando la superficie del lago è tranquilla e liscia si specchiano il cielo e le dune: un bellissimo spettacolo! Il viaggio prosegue alla volta di Tripoli, dopo l'ultimo pranzo sulle stuoie dei tuareg. E' giunta infatti l'ora di salutare i nostri amici, che ci stringono forte le mani ridendo nel loro particolare modo che abbiamo imparato a conoscere così bene: ci mancheranno. Li ringraziamo per averci donato un'avventura tanto bella, promettendo di scrivere ed inviare loro qualche foto nell'attesa di un non impossibile ritorno da queste parti.
Finiti i saluti, torniamo sulle aute che ci lasceranno all'aereoporto di Sebha sul finire della giornata. Il volo si conclude a Tripoli, dove in taxi raggiungiamo l'albergo che la KEL 12 ha scelto per noi.
Dopo una bella doccia siamo tutti pronti per la cena ed Hassan a questo punto ci fa una sorpresa: anziché cenare all'anonimo ristorante dell'albergo... ce ne andremo in un ristorante tipico di Tripoli, specialità pesce!! Tutti contenti ci incamminiamo verso una zona non molto battuta della città ed entriamo in una bella sala elegantemente arredata... e all'improvviso ci sentiamo spaesati, persi, fuori luogo. Cosa ci facciamo in un posto come quello anziché starcene seduti per terra sulla sabbia? E dov'è il fuoco, il pane cotto sotto la cenere, dove sono i turbanti colorati dei tuareg? Lentamente dobbiamo rientrare nella realtà e farci una ragione del fatto che questo posto appartiene purtroppo di più alla nostra realtà quotidiana di quanto non vi appartengano la calda sabbia del deserto o le risate cristalline di Hamadane. Lentamente torneremo alla normalità, ma per ora preferiamo continuare a parlare ed a ricordare insieme questi meravigliosi giorni appena trascorsi!

Sabato 6 Gennaio
Ormai la vacanza si avvicina alla conclusione, ma per fortuna abbiamo la possibilità di finire in bellezza visitando un’altra meraviglia del suolo libico. Non si tratta questa volta di una creatura della natura bensì di una vera e propria "figlia dell'uomo": Leptis Magna.
Questa città antica, risalente al secondo secolo dopo Cristo, si trova nella regione della Tripolitania, a pochi km da Tripoli, sulla costa mediterranea. E' affacciata ad uno spettacolare porto naturale che aveva attirato fenici, bizantini e greci ancor prima dei romani, ma furono proprio questi ultimi ad erigere maestosi monumenti che rimasero nascosti sotto metri e metri di sabbia fino agli anni ‘20 del secolo scorso, quando furono disseppelliti e ripuliti da mani esperte. Quello che possiamo vedere oggi è uno spettacolo unico, davvero imperdibile se si viene in Libia: bellissimi viali larghi e pavimentati, alte colonne e statue, un teatro che incarna uno dei migliori esempi di arte romana del periodo. I sotterranei dove venivano rinchiuse le belve provenienti dal centro dell'Africa e destinate al Circo Massimo di Roma: anche questa è storia... Il lungo corridoio piano ed erboso, affacciato sul mare, dove si svolgevano la corsa ed altri sport. Il mercato, le terme, gli archi: c'è da girare un'intera giornata, ma noi dobbiamo lasciare anche questo posto: l'aereo per tornare a casa ci aspetta.
Salutiamo in silenzio la Libia e vivacemente Hassan, il nostro accompagnatore che è stato in tutto e per tutto uno di noi, camminatori di terre deserte…
Arrivederci ad un prossimo viaggio!
Vorremmo salutare i componenti del gruppo, con cui siamo stati benissimo e che hanno concorso con la loro simpatia a rendere unico il nostro viaggio in Libia; Marina, Orietta, Giuseppe, Donatella, Chiara ed Elisabetta; grazie e... arrivederci ad un prossimo viaggio!

4 commenti in “Acacus trekking: deserto e preistoria – 2^ parte
  1. Avatar commento
    yxojnigm glna
    16/07/2007 23:25

    uimwyqd mtdlganrq scqligmp tqkud jfrw lzghitke gsvjqd

  2. Avatar commento
    Graziella
    29/11/2005 17:43

    Complimenti per la suggestione scaturente dalla magnifica descrizione che lascia trasparire anche gli stati d'animo.

  3. Avatar commento
    asdasdas dasd ad
    10/02/2004 08:02

    commento di prova sdfsdf adasdasd asd ad asd ad ads a seconda

  4. Avatar commento
    grazia
    10/02/2004 08:02

    Bel resoconto di un bellissimo viaggio. Vedo che anche voi siete rimasti incantati dal deserto libico. Che nostalgia delle notti sotto le stelle... PS: anche io ho visto nelle rocce dell'Akakus il profilo di Burt Simpson (il mio però era sullo scooter). :-)

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