America, niente da aggiungere

Una bella esperiensa di viaggio: due settimane negli States con la bimba in braccio!

Città indimenticabili, parchi meravigliosi e scenari spettacolari: questo e molto altro ancora sanno offrire gli Stati Uniti. Quale posto migliore per festeggiare il mio 30° compleanno, e con chi se non con le uniche due donne della mia vita: Deborah e Ginevra, quest' ultima di neanche 10 mesi. Ovviamente non sappiamo le reazioni della piccolina ad un viaggio così lungo e quindi scegliamo di fare una prima tappa di avvicinamento fermandoci a New York; speriamo così di limitare le conseguenze del jet lag in noi e soprattutto in Ginevra.
Il volo Catania-New York via Roma lo abbiamo acquistato sul sito Alitalia al costo di 603 euro per adulto e pagando poco meno di 100 euro per l' infant. E proprio nel prezzo di questi biglietti sta l' unica nota "dolente" di tutto il viaggio, poichè la tariffa che già a noi sembrava onesta, qualche settimana dopo è stata ulteriormente abbassata a 386 euro. Contestualmente all' acquisto dei biglietti, al costo di 71 euro, ho stipulato una polizza assicurativa che avrebbe coperto un' eventuale annullamento del viaggio o spese sanitarie sostenute negli USA.

Itinerario

06/10/2009
Finalmente arriva il giorno della partenza. La piccola Ginevra non sembra accusare il colpo, il volo a bordo di questo Boing 767 crediamo non le stia pesando particolarmente e nel primo pomeriggio atterriamo al JFK. La lunga fila per le procedure doganali di rito ci scoraggia non poco, ma un' addetta dell' aeroporto, vedendomi con la bimba in braccio, ci facilita le cose immettendoci in una fila riservata ed in pochissimi minuti siamo già di fronte all' agente per i controlli doganali. Rispetto alla mia precedente esperienza veniamo trattati con maggior garbo da questo poliziotto dalle chiare origini asiatiche che con estrema rilassatezza ci invita a registrare le impronte digitali e le scansioni dell' iride. Ritirati i bagagli ci avviamo verso l' uscita dove troviamo ad attenderci Pino e Mimmo, i cugini di Deborah e subito in auto ci dirigiamo verso Babilon, una simpatica cittadina su quella stretta lingua di terra che è Long Island. Arrivati a casa loro veniamo accolti dagli altri membri della famiglia, Francesca, Simona, Cristian e Vanessa: loro ci ospiteranno per i prossimi due giorni salvo per la notte che trascorreremo al Bay Shore Inn Hotel, una struttura nelle immediate vicinanze, simile a quelle tante volte viste nelle pellicole Hollywodiane, spendendo 85$ per notte (il cambio attuale è a circa 1,5$).

07-08/10
I due giorni successivi trascorrono velocemente, qui dove le case sono già tutte simpaticamente addobbate per l' ormai imminente festa di hallowen e per strada i bambini che giocano con lo skatebord non possono esimersi dalla loro buona azione quotidiana (naturalisticamente parlando), schiacciando con i piedi le ghiande cascate giù dalle vecchie querce regalandò così un pasto più agevole ai timidi scoiattoli.
I nostri primi tre giorni oltre oceano sono ormai giunti quasi a conclusione; già domattina riprenderemo il viaggio verso il west e decidiamo quindi di trascorrere questa terza notte nei pressi del JFK così da evitare la levataccia mattutina a Pino e Mimmo. Il Best Western che sceglimo soddisfa a pieno le nostre esigenze, permettendoci l' indomani di raggiungere in poco tempo il terminal della Delta.

09/10
Quando suona la sveglia sono ancora le 4.00 del mattino, per il chek-in ci hanno consigliato di non arrivare più tardi delle 5.00. L' aria fuori è piuttosto fredda, nemmeno il tempo di scaldare il sedile del pulmino che questo inizia a fare le sue prime fermate ai vari terminal, ed alla terza tocca già a noi di scendere. Il volo interno acquistato su Edreams è costato 350 euro, più 15$ per bagaglio a tratta (totale 60$). Puntuale alle 7.00 l' aeromobile stacca da terra, sorvolando gli stati centrali le turbolenze iniziano a farsi fastidiose; Ginevra dorme sdraiata a pancia in giù su due sedili, Deborah ha occupato un posto libero un paio di file più indietro ed a tratti schiaccia un pisolino, io invece devo accontentarmi di viaggiare seduto sul bracciolo della poltrona, a vegliare sui sogni del mio Angelo. Ci vorranno quasi 6 ore e mezza prima di ritoccare terra a San Francisco ma, in virtù delle 3 ore di fuso con la costa atlantica, quì sono ancora le 10.30 del mattino e mentre aspetto i bagagli al nastro, Deborah fa il giro delle telefonate a casa. Vista la difficoltà a trovare parcheggi a San Francisco, conviene spostarsi con i mezzi pubblici e comunque il modo migliore per conoscere la città se si hanno buone gambe è bighellonare: premesso ciò abbiamo preferito non noleggiare da subito la nostra auto in aeroporto. Il treno BART, in partenza dal terminal internazionale, al costo di poco più di 8$, ci porterà in circa mezz' ora fino in centro. Scendiamo alla Powell Station, pochi passi a piedi dall' Herbert Hotel (166 euro per due notti); la zona è in pieno fermento, quì dove finiscono la loro corsa i cable car, un via vai continuo di persone proprio a ridosso di Union Sq., vero ombelico di Frisco. Ma la camera non è ancora disponibile e ne approfittiamo per pranzare nel vicino McDonald's; appena fuori ci scoraggia la lunga fila per la corsa sul cable car. Quindi decidiamo di perder tempo gironzolando un pò, spingendoci fino a Union Sq. e poi oltre attraversando la porta di Chinatown gate. A nostre spese ci accorgiamo che uno degli effetti negativi dell' avvento della telefonia mobile è che sono spariti i telefoni pubblici, almeno in questa città. Presa la camera optiamo per un meritato riposo, ma ben presto la nostra quiete viene infranta dal tonfo di Ginevra sulla moguette: qualche lacrima ed un pò di spavento ma tutto presto si risolve. Usciamo nuovamente a visitare le vie dello shopping, tra grandi magazzini e boutique, dove tra tanti spiccano Macy' s e Sacks Fifth Avenue, subito dopo giunti in Market St. decidiamo di percorrerla in direzione nordest e dopo aver svoltato a sinistra giungiamo fin quasi sotto la piramide della Transamerica. Temendo che la stanchezza possa coglierci di sorpresa e complice la temperatura, che sul finire della gionata inizia a scendere rapidamente, decidiamo di tornare in albergo, crollando ben presto in un sonno tanto profondo quanto improvviso.

10/10
Ginevra, quanto mai mattiniera, ci tira presto giù dal letto. Dopo la colazione (rigorosamente da Starbucks), saliamo su di un cable car che su e giù per le ripide colline termina la sua corsa proprio di fronte al leggendario penitenziario di Alcatraz. Scattata qualche foto sullo sfondo del Golden Gate Bridge e visitata Ghirardelli Sq., ci dirigiamo verso Fisherman's Wharf: la zona in parte ci delude, non sembra altrettanto vitale come Union Sq. e l' unica vera attrattiva sembra essere la chiassosa colonia di otarie nei pressi del Pier 39. Esplorata la zona, decidiamo di tornare verso Union Sq. e non ci sembra impossibile provarci a piedi, approfittandone per attraversare le vie di Chinatown e visitare il Cable Car Museum: certo che spingere un passeggino per tutta San Francisco non è cosa semplice. Dopo pranzo ritiriamo la macchina a noleggio presso l' agenzia Hertz di Mason St.; ci viene consegnata una Chevrolet Cobalt di colore bianco con 30916 miglia, prepagata sul sito Auto Europe al costo di 202 euro, comprensiva delle principali assicurazioni e di un pieno di benzina; il seggiolino auto (60$) ci è stato fatto pagare in loco. Lasciato il parcheggio, la nostra prima destinazione è Sausalito, cittadina costiera al di là del Golden Gate Bridge, raggiungibile in circa mezzora. Percorrere i 2,7 km di quello che probabilmente è il simbolo più amato di San Francisco è veramente emozionante. Sausalito, adagiata nella baia sotto la US-101, è un luogo veramente incantevole dove passeggiare e respirare l' aria di mare, risultando particolarmente elegante. Deborah fa entra ed esci dalle boutique o semplicemente dai negozietti di souvenir, io invece, goloso per natura, ne approfitto per mangiare un ricco piatto di fish&chips. Sulla strada del ritorno, dalle scogliere sopra Horse Shoe Bay, ci fermiamo ad osservare la pattuglia acrobatica dell' aeronautica statunitense compiere le proprie evoluzioni sopra la baia, e ci torna in mente il rombo assordante dei jet, udito il giorno precedente tra i grattacieli di Market St. Prima di lasciare Horse Shoe Bay vengo invitato da una pattuglia della polizia, a sirene spiegate, a fermarmi ma si tratta soltanto di un piccolo equivoco. Salutato il policeman, quando riattraversiamo il ponte (6$) sono già le 17.00 e per un pò rimaniamo intrappolati nel traffico del rientro ma l' attesa più snervante è quella che ci vede in coda sulla ripida salita di Lombard St., prima dell' emozionante esprienza della discesa lungo le sue strette curve. Lasciata la macchina nello stesso parcheggio da dove l' avevamo ritirata (15$ per notte), ci convinciamo della necessità di un lungo riposo prima di affrontare domani le montagne della Sierra Nevada e decidiamo quindi di ritornare in hotel.

11/10. San Francisco-Yosemite Valley-Mammoth Lakes (480Km)
Di buon mattino, poco prima di lasciare la città, ci rechiamo in Alamo Sq. per effettuare gli ultimi scatti alla città sullo sfondo delle Painted Ladies, le tipiche abitazioni in stile vittoriano. Adesso, superato il Bay Bridge (il più grande degli stati uniti), ci attendono circa quattro d' auto per giungere nella Yosemite Valley. Poco prima di Chinese Camp la strada inizia a salire e il paessaggio diventa sempre più lussureggiante e suggestivo; inizio a temere per la benzina che adesso è scesa sotto la mettà ed ho paura tra queste montagne di non trovare distributori ma a Big Oak Flat ne trovo uno, forse l' ultimo. A Groveland pago ai rangers il tiket di 20$ per l'ingresso al Yosemite National Park e mi vengono consegnate alcune mappe della zona. Nel momento in cui si giunge nel punto da dove si vede la Yosemite Valley rimaniamo stregati dalla bellezza del paesaggio. Uno dei panorami più spettacolari è forse quello che si gode da Tunnel View, sullo sfondo della facciata tronca dell' Half Dome, con la parete più liscia e a picco del Nord America (si scosta di soli sette gradi dall' essere perfettamente verticale). Da qui si può ammirare lo spettacolo offerto dalla Bridalveil Fall, che però in questo periodo ha una portata d' acqua scarsa. El Capitan (1100 m) è uno dei massi granitici più grandi della terra. Le Yosemite Falls purtroppo sono completamente asciutte. Al Yosemite Village ci fermiamo al centro visitatori, approfittandone per mangiare mentre Ginevra fa la sua prima conoscenza con un cervo. Adesso ci attendono un altro paio d' ore d' auto prima di giungere a Mammoth Lakes dall' altra parte della Sierra Nevada, dove abbiamo deciso di pernottare. Risaliamo quindi la vallata per poi svoltare ad un certo punto sulla destra su quel tratto di Hwy-120 che prende il nome di Tioga Road dall' omonimo passo: questa è la sola strada di accesso al parco per chi proviene da est ed è chiusa per neve dai primi di novembre fino ai primi di giugno. Dopo circa 45 minuti di strada sulla destra ci si può fermare all' Olmsted Point dove si puo godere per l' ultima volta del favoloso panorama della Yosemite Valley. Lo scollinamento sul Tioga Pass è posto a 3031 m.; poco dopo ci fermiamo sulle sponde dell' Ellery lake per il consueto spuntino di Ginevra: da qui inizia un lungo rettilinio in discesa che porta fin sulla US-395, proprio a ridosso dell' azzurro lago di Mono Lake. Poco più di 40 km ci separano adeso da Mammoth Lakes (nota stazione sciistica), ma la strada ovviamenre è adesso più scorrevole e ci giungiamo in circa 30 minuti; quasi all' imbrunire ci fermiamo allo Shilo Inn (100 euro) proprio all' ingresso della cittadina sull' Hwy-203: la giornata è stata abbastanza pesante e quella di domani non sarà certo da meno, quindi ci abbandoniamo dolcemente tra le braccia di Morfeo.

12/10. Mammoth Lakes-Death Valley-Las Vegas (545Km)
La sveglia, come ormai da qualche giorno, ci è gentilmente offerta da Ginevra che ancora fuori è buio, quindi dopo una ricca colazione in hotel, alle 07.30 siamo già in macchina diretti a sud verso Las Vegas. Sulla sinistra ammiriamo le torreggianti vette della Sierra Nevada, mentre alla nostra destra brillano sotto le prime luci del mattino le azzurre acque del Crowley Lake, in tutta la vallata i manzi al pascolo ci svelano il segreto della loro bontà: adesso il termometro digitale dell' auto indica 27°F (-3°C). Sempre percorrendo la US-395, in meno di due ore giungiamo a Lone Pine, ultimo centro abitato prima di affrontare il Death Valley National Park: fermi ad un distributore, un folto gruppo di Harleysti fa il pieno di benzina alle loro moto, finalmente dopo di loro tocca a noi. Lone Pine è dominata 3300 m più in alto dai pinnacoli grigio-argento del Mount Whitney che con i suoi 4421 m è la cima più alta degli Stati Uniti contigui (ossia senza contare Alaska e Hawaii). Appena fuori dalla città, svoltiamo a sinistra sulla Hwy-136 costeggiando il letto asciutto dell' Owens Lake; poco più avanti inizia la Hwy-190 che attraversa la Death Valley: questo è il luogo più caldo della terra, quasi completamente privo d' ombra e l' acqua è ancora più rara, adesso il termometro indica 84°F (29°C). Per lunghi tratti proseguiamo senza incrociare mai altri veicoli, solo un coyote ci attraversa la strada, forse nell' improbabile intento di acciuffare un road runner; la vastità di questa regione unita alla sua desolazione ci lascia esterefatti ed i lunghi rettilinei ondulanti sembrano non aver mai fine. Il territorio che ci circonda è costituito prevalentemente da tratti interminabili di deserto arido e monotono e da distese di sterpaglia intervallate qua e là da catene di montagne spigolose. Nella vallata centrale da nord a sud sorgono due avamposti, Stovepipe Wells e Furnace Creek, dove si trova il centro visitatori: poco più avanti di quest' ultimo Zabriskie Point ha ispirato la pellicola di Michelangelo Antonioni. Arrivati alla Death Valley Junction, nel punto in cui la Hwy-109 incrocia la Hwy-127, ci fermiamo per sgranchire un po' le gambe e far mangiare Ginevra: quello che sembra poco più di un villaggio, nella sua desolazione quasi surreale, ci appare più come una "città fantasma". Entriamo in una locanda e ne approfittiamo per chiedere informazioni alla cameriera che gentilmente ci indica la strada e ci dice che mancano appena due ore per Las Vegas. Ringraziamo ed imbocchiamo la Hwy-127; poche decine di chilometri ed un cartello ci indica l' ingresso in Nevada: proseguiamo fino a giungere sulla US-95 che ci porterà dritti fino a Sin City, la "citta del peccato". La Strip è quanto mai presa d' assalto da orde di turisti, non per niente Las Vegas vanta diciannove dei venticinque alberghi più grandi del mondo: i tanti chilometri percorsi ci vengono adesso ripagati da uno spettacolo unico nel suo genere. Il Paris Las Vegas (154 euro per due notti) ci appare davanti in tutta la sua magnificenza; al suo interno sembra di passeggiare tra le rue parigine in una bella giornata primaverile poichè il finto cielo affrescato appare sempre terso. Il casinò è disseminato di slot machine, videopoker, tavoli di blackjack e roulette. Giunti in camera, con un ascensore super veloce, la stanchezza, che pure è tanta, è vinta dalla voglia di uscire ad esplorare questa città sfavillante quindi non appena lasciate le valigie siamo subito sulla Strip in direzione nord. La facciata del Venetian ci fa capire come ricercata sia l' attenzione per il dettaglio, al suo interno i turisti sono in fila per il più classico dei giri in gondola; poco più avanti le sagome bronzee del Wynn e dell' Encore ostentano un' elegante raffinatezza segno che gli hotel a tema non vanno più di moda. Attraversato il Las Vegas Blvd ci fermiamo ad ammirare lo spettacolo di fuoco ed acqua offerto dal vulcano in eruzione davanti allo scintillante Mirage; su e giù per i sovrapassaggi giungiamo davanti alla balconata che si affaccia sull' immenso lago artificiale del Bellagio dove fontane sommerse creano incredibili giochi d' acqua sulle note di "Rondine al nido" di Pavarotti. Dopo cena saliamo le scale mobili del Planet Hollywood per una passeggiata tra i negozi e i bar del Miracle Mile Shops, approfittandone per una birra; la giornata volge quindi al termine, la nostra lussuosa camera al 31esimo piano saprà certamente regalarci il meritato riposo, a patto di ignorare i boati delle fontane del Bellagio.

13/10
La mattinata si presenta piuttosto freddina ed in lontananza i nuvoloni non fanno presagire nulla di buono; percorrendo la Strip verso sud varchiamo l' ingresso dell' Mgm Grand che con le sue 5044 camere è l' albergo più grande degli USA e subito ci ritroviamo nel bel mezzo di uno zoo boschivo che riproduce l' abitat tipico dei leoni d' Africa. Sull' altro lato della Blvd le torri merlettate dell' Excalibur ci accolgono all' interno di un castello pseudomedievale, mentre più avanti sorge la piramide a 36 piani del Luxor; la processione della Strip si concude all' estremità meridionale con le sfavillanti torri dorate del Mandalay Bay. Ripercorrendo nuovamente il Blvd verso nord visitiamo l' interno del New York-New York, ricostruzione meticolosa seppur in miniatura della Grande Mela; per concludere la carrellata degli hotel, poco prima di pranzo, ci ritroviamo a percorrere la Via Bellagio, all' interno dell' omonimo hotel, tra boutique di lusso che terminano la propria parata nel Conservatory, costituito da una serie di aiuole, coperte da una tettoia Belle Epoque in vetro e rame. A pranzo ci mettiamo in fila al Village Buffet del Paris, dove con 18$ a persona è possibile servirsi a volontà gustando piatti dei cinque continenti, ed infatti nel pomeriggio, complice la stanchezza ed ovviamente la pancia piena, crolliamo in un sonno profondo. Poco prima dell' imbrunire, da una delle fermate sul Las Vegas Blvd, saliamo a bordo del Deuce Bus municipale, che collega la Strip con il centro. Seduti nell' ultima fila del piano superiore, Ginevra sembra attratta dai riccioli di un tipo dai chiari tratti Messicani: noi arrossiamo per l' imbarazzo mentre lui e la compagna sembrano divertiti dall' intraprendenza della piccola; scendiamo in Fremont Street, situata nel nucleo originale della città, dove cinque interi isolati sono stati coperti per formare una "volta celeste", tempestata di oltre dodici milioni di LED che creano uno schermo che si illumina di abbaglianti spettacoli notturni: ci sentiamo veramente appagati da tutto quanto questa città sa offrire di sfavillante per stupire i propri turisti.

14/10. Las Vegas-Los Angeles (465Km)
Oggi l'ultima tappa del nostro viaggio nell' ovest degli Stati Uniti ci porterà a Los Angeles. Di buon mattino imbocchiamo il Las Vegas Blvd in direzione sud, per fermarci poco dopo per la foto di rito sullo sfondo dell' insegna "Welcome to Fabulous Las Vegas". Proseguiamo quindi sulla I-15 per attraversare il Mojave Desert; man mano che ci allontaniamo dalla città, l'ambiente circostante diventa sempre più desolato ma non per questo il panorama è meno suggestivo. Oltrepassata la cittadina di Primm, facciamo nuovamente ingresso in california ma da qui a Los Angeles i chilometri sono ancora tanti, ne approfitterà Ginevra per recuperare qualche ora di sonno. Superate le San Gabriel Mountains incrociamo la I-10 che ci porterà dritta fino a Santa Monica; la discesa verso il Pacifico è resa impervia dalla pioggia e da una fitta nebbia, e comunque guidare in una freeway con tante corsie disorienta non poco. Verso l' ora di pranzo prendiamo l' uscita di West Covina per rifornire la macchina e per fermarci a mangiare in un fastfood della catena Denny's; oramai siamo quasi alle porte di Los Angeles. La vastità di questa città unita all'intricato reticolo di autostrade crea suggestioni singolari, ma riusciamo ad orientarci facilmente e superata la Downtown in circa mezzora giungiamo a Santa Monica. Presa una camera al Sea Shore Motel (85 euro), ci dirigiamo a sud verso Venice Beach, dove i pochi canali ancora esistenti fanno bella mostra di ponti e di percorsi pedonali; ma la giornata non è delle migliori ed infatti in giro non ce un gran movimento di gente quindi decidiamo di tornare indietro e parcheggiata la macchina, in cinque ninuti di camminata a piedi raggiungiamo la spiaggia proprio a ridosso del famoso Santa Monica Pier; qui, salita la scalinata in legno, oltrepassiamo la giostra per godere a pieno del panorama sul Pacifico che offre la punta estrema del molo. Ripercorsa l'intera passerella torniamo in Ocean Avenue e ci spiengiamo fin sotto lo storico Georgian Hotel per proseguire poi verso la Third Street Promenade, zona pedonale ricca di negozi, ristoranti e bar. Alla fine stanchi ma soddisfatti ritorniamo in camera, sicuramente provati dall' ennesima intensa giornata.

15/10
Il cielo stamattina si presenta sicuramente migliore da quello offertoci il giorno precedente, quindi di buon mattino optiamo per una passeggiata sul lungomare di Santa Monica, adesso molto più movimentata e vivace di quanto non lo fosse ieri. Come noi molti genitori ne approfittano per far respirare un po' di sana aria di mare ai loro bambini, altri invece fanno jogging o vanno in bici. Altri ancora, certamenta più temerari, sfidano con le loro tavole da surf le onde dell' oceano; con sorpresa ci accorgiamo che questo è uno sport amato pure dalle ragazze, allora ne invitiano due di loro per una foto di gruppo con Deborah e Ginevra. Tornati in camera, carichiamo in macchina i bagagli e per le 11.00 lasciamo l' albergo diretti ad Hollywood; all' incrocio con Ocean avenue imbocchiamo il Santa Monica Blvd nel punto in cui termina la Historic Route 66 e superato il Wilshire Blvd giriamo a sinistra entrando a Beverly Hills, una delle zone residenziali più ricche del mondo. Questa è senza dubbio la zona più pretenziosa di Los Angeles, esaltata dalle boutique elitarie di Rodeo Drive, dalle vie pulitissime e dall' ostentazione di grande ricchezza. Poco oltre incrociamo il Sunset Strip, percorrendolo fino nel punto in cui il Laurel Canyon Blvd comincia ad inerpicarsi sulle Hollywood Hills e scendendo poi dal tracciato tortuoso di Mulholland Drive per ammirare la colossale insegna dell' Hollywood Sign. Scendendo, parallelamente alla Hollywood Fwy, sulla Cahuenga Blvd entriamo nel cuore di Central Hollywood, all' incrocio di Hollywood Blvd e Higland Avenue, dove oltre ad un centro commerciale, si trova il cinema Kodak Theater, location annuale della serata di assegnazione degli Oscar. Da qui iniziamo l' esplorazione dell' Hollywood Blvd, percorrendo verso est la famosa Walk of Fame, la "passeggiata delle celebrità" fino ad arrivare all' ombra dell' inconfondibile "pila di dischi" della Capitol Records Tower, leggendaria meta di aspiranti stelle in attesa di essere scoperte da grandi registi e spiccare il volo verso fama e successo. Tornando indietro, sul lato ovest del centro commerciale, si trova il Chinese Theater, singolare copia di un tempio cinese, nella cui piccola corte si trovano le impronte di mani e di piedi di celebrità hollywoodiane del calibro di Eddie Murphy piuttosto che di Frank Sinatra: per il resto si può vagare insieme con centinaia di altri turisti tra gli imitatori di personaggi famosi come Marylin o Michael Jackson o comunque in mezzo ad un vasto assortimento di singolari personaggi. Ripercorrendo nuovamente il Santa Monica Blvd, stavolta verso ovest, decidiamo di fare due passi tra le boutique di maggior richiamo di Rodeo Drive, tra i quali spiccano i nomi di Giorgio Armani, Chanel, Gucci, Christian Dior, Prada e tanti altri ancora e poichè l' eleganza di Beverly Hills non ci lascia di certo indifferenti decidiamo nuovamente di violare per un po' l' intimità delle delle sue ville tutte perfettamente curate. Il tempo scorre velocemente senza quasi accorgercene e non vogliamo certo perdere l' opportunità di ammirare un pò più da vicino lo skyline della Downtown, quidi imbocchiamo il Wilshire Blvd verso est ma il traffico e i tanti semafori ci rallentano non poco ed in più le mie due compagne di viaggio iniziano a dare i primi sintomi di rigetto da metropoli. Mi metto quindi alla ricerca dei rari parcheggi liberi e quando ne trovo uno ci fermiamo ed entriamo al Coffee Bean una vivace caffetteria dove la specialità è la creama di moka al cioccolato con ghiaccio. Con un' altra mezz' ora d' auto ci ritroviamo fin sotto i grattacieli della Downtown ma il traffico adesso sembra essere più intenso, appena sotto di noi un flusso interminabile di auto scorre sull' Harbor FWY; l' aeroporto non è certo vicinissimo, quindi abbiamo solo il tempo per ammirare le pareti ricurve in acciaio inossidabile della Disney Hall, massimo esempio di architettura moderna di Frank Gehry. Le lancette dell' orologio girano troppo infretta e a nostro malincuore dobbiamo riprendere la strada per il LA International Airport; il traffico sulla freeway non accenna a diminuire ed il serbatoio della nostra Chevrolet è in riserva: abbiamo poco tempo e ancora meno benzina. Usciamo in Manchester Avenue, e l' incubo dei semafori ci riassale ma dopo circa 10 minuti ci compare davanti l' insegna gialla delle Hertz: ce l' abbiamo fatta... siamo in perfetto oario, lasciamo l' auto (31972 miglia) e saliamo sulla navetta che ci porterà al nostro terminal. E' stata una settimana intensa e di certo i 1700 Km percorsi ci hanno stancanti non poco ma le emozioni che questo viaggio ci ha saputo regalare le porteremo sempre nel cuore. Alle 23.00 il nostro aeromobile stacca da terra e sfortunatamente non ci sono sedili liberi quindi mi toccherà far dormire Ginevra tra le mie braccia per tutto il viaggio ma la stanchezza ci sopraffae e crolliamo tutti e tre in un sonno profondo interrotto solo cinque ore più tardi dal comandante che annuncia la discesa verso il JFK.

16/10
Sono le 07.30 del mattino quando atterriamo a New York, fuori dal terminal una finissima pioggia cade lenta; fa parecchio freddo ed il nostro abbigliamento da California del Sud non ci aiuta di certo. Poco dopo arrivano Pino e Vanessa, che in un primo momento avevano sbagliato terminal; a Babilon la situazione metereologica non è certo migliore, il freddo è veramente pungente, piuttosto inusuale per questo periodo, e non ci dispiace trascorrere un po' più di tempo in casa, al calduccio, assieme ai nostri cugini.

17/10
Oggi è il giorno del mio compleanno, "30 anni e non sentirseli nemmeno"; è la prima volta che li festeggio da papà e devo ammettere che come sensazione è abbastanza singolare, adesso le priorità sono altre, maggiori le responsabilità ma avere una famiglia tutta mia mi riempie d' orgoglio e le gioie che ne derivano non hanno eguali. Il pomeriggio lo trascorriamo a spasso tra i negozi per ultimare gli ultimi acquisti approfittando del dollaro debole; alla sera per mettere d' accordo un po' tutti i palati decidiamo di cenare a base croccanti coscie di pollo della catena KFC di Deer Park. Dopo le foto di rito non resta che soffiare sulle candeline della torta e sperare che il desiderio espresso non rimanga solo tale.

18/10
Oggi, ultimo giorno negli Stati Uniti, non ci resta che fare le valigie, salutare e ringraziare tutti quanti. La vacanza è finita ma prima di andare in aeroporto abbiamo un paio di ore di tempo per una visita veloce della "Grande Mela": in effetti il tempo si rivelerà poco e riusciremo solo (si fa per dire) a godere dello sfavillante spettacolo offerto dalle luci e dai suoni di Times Square, vero crocevia del mondo, che da sola racchiude l' essenza di NYC, un luogo speciale dove senti di essere al centro del mondo perchè tutto il resto le ruota attorno, una città che assieme affascina e travolge, incuriosisce e stimola. Poco prima delle 22.00, a bordo di un grosso Boing 777, vediamo le luci della città diventare sempre più piccole segno che ormai la nostra vacanza è finita; un viaggio che ci ha arricchiti, che ci ha fornito nuove prospettive aprendo nuovi orizzonti, regalando emozioni intense, profonde, uniche. E spero che leggendo questo diario, qualche genitore un po' apprensivo si convinca del fatto che la nascita di un figlio non compromette la voglia di viaggiare, conoscere, scoprire, sognare.

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